24 Novembre1992
Oggi concludo quel che ieri
in poche righe ti ho accennato.
E’ arduo colmare il vuoto
che mi esplode nella mente
ogni qual volta m’accingo a comunicare,
adesso.
Questa avventura che mi aspetta
pare comica ed ambigua,
lontana ma inevitabile,
la fine decisiva di un momento.
Ho l’impressione che niente vi sia vero,
come fosse un sogno che m’assilla
ma rimane nell’etereo a volteggiare,
senza cader nel vero a disturbare.
M’illudo. Pochi giorni ancora, poi andrò.
E gli altri, mi domando.
Cosa provarono in partenza,
quali dubbi avvolsero gli sguardi
di ventenni sopra treni
che andavano lontano.
La stessa paura?
La mia sconsolata rassegnazione?
La certezza di una fine?
Ed hanno resistito, so.
Qualcuno meglio, qualcuno peggio,
sballottati tra disparate soluzioni di destino.
Tutti hanno resistito.
Sono tornati a decantar d’inverno
il calore del viver militare,
come ricordo di una bella stagion
che più non torna.
Avrò, anch’io, la stessa voglia?
Basta un passo, si dice,
tuffarsi poi e’ banale.
Questo passo e’ doloroso.
E’ grave, e’ una coscienza
che ci si appresti ad ascoltare.
Ed e’ grave il tono
per chi e’ complice d’apatico poltrire.