La Borga
All’interno di una cultura scarna
quanto trasudante
d’ogni pessima bestemmia,
prende piede e cattura i pochi eletti
la nozione pretenziosa della Borga.
Tanto è lecito parlare,
ma poco si comprende
se di persona non si prova
l’effetto che il solo pronunciare tale idioma
produca nel soldato.
Per Borga si bisticcia,
la pronuncia è prerogativa solo di taluni,
e per Borga si arriva a rinunciare
al modo e al comportare
che per mesi ha condisceso
il milite in attesa d’alba
prossima futura.
La prima volta che in diritto ti permetti,
di Borga t’investi e non recedi. Più.
Sei schiavo ormai
di quello che per mesi hai prima non compreso
e poi invidiato.
Ma ora puoi.
Ed ecco che il pantalone sguscia fuori dall’anfibio,
quasi come un caso che ormai voglia.
La fila allo spaccio è irresistibile impedenza,
fino a ieri obbligo e credenza,
ed a mensa siedi dove già parlava
chi per Borga inflisse le sue ire.
Ieri, mangiare era intenzione pancreatica e rettale.
Oggi, esplosione d’ovvia insofferenza.
Là, allo spaccio, si urla di ferocia.
E’ finita, ultimo scaglione!
E l’illogico scompare,
quando guardare il palinsesto di un regime
sussistente già all’arrivo
di esseri tranquilli in dover di militare,
coltivava il rancor per una logica repressa
dal tener per verso la divisa.
E’ logica di massa
il calpestar la forma e la ratio d’ogni umano
che non abbia ancora a dir,
d’infausto verso, Borga.
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